Contro l'abolizione del bonus maturità.
Eric |
/ #265 Studenti pro bonus - Leggete: è importante - La giurisprudenza ci da ragione2013-09-14 10:48Se entrate sul sito di Universitaly sui contatti face book trovate questa sentenza: NORME SOPRAVVENUTE IN PENDENZA DI PROCEDURE CONCORSUALI: LA SOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA dell'Avv. Flavia Virginia Prosperetti Il principio "tempus regit actum" non trova applicazione per le procedure concorsuali in quanto le norme di riferimento sono quelle in vigore nel momento di inizio della procedura. L'applicabilità dello ius superveniens alle procedure concorsuali ha generato un notevole dibattito in dottrina, che la giurisprudenza, da ultimo, ha risolto con la sentenza del Consiglio di Stato n. 124 del 12.1.2011, che segue un orientamento ormai quasi decennale. 1. E' opportuno preliminarmente ricordare che il principio "tempus regit actum" ha la funzione pratica di consentire l'individuazione della disciplina giuridica da applicare ad un atto o ad un procedimento amministrativo. In altri termini, ogni atto o provvedimento deve essere conforme alla disciplina vigente al momento dell'emanazione dell'atto o provvedimento stesso. Tale principio è sancito nel nostro ordinamento all'art. 11 delle disp. prel., rubricato "efficacia della legge nel tempo" che recita: "la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo". Dunque, ogni atto è disciplinato dalla legge in vigore nel tempo in cui viene adottato con esclusione (di regola) della retroattività e della ultrattività di essa. Questa disposizione esprime un principio di ordine generale ed evidenzia l'esigenza che la legge non sia ordinariamente retroattiva. Se l'applicazione di questo principio non determina problemi particolari per l'emanazione di un singolo provvedimento amministrativo, diverso è il caso della sequenza di atti che costituiscono un procedimento, come nel caso di procedure concorsuali, per la disomogeneità di disciplina che potrebbe derivarne. Infatti, il procedimento amministrativo non può essere considerato come una fattispecie unitaria a formazione complessa, ma è composto da una pluralità di atti, susseguenti e diversi fra loro, finalizzati all'emanazione di un provvedimento finale. In particolare, in materia concorsuale, potrebbe accadere che le regole sopravvenute nel corso dello svolgimento di un procedimento rendano idoneo al concorso chi, al momento dell'indizione, non lo era (cfr. CdS, IV, 12.1.2011, n. 124). È chiaro che ne deriverebbero problemi anche solo pratici notevoli e confliggenti con l'esigenza di buona amministrazione e di eguaglianza, esigenze e principi di rango costituzionale (cost. artt. 97 e 51). La giurisprudenza, in questo suffragata dalla prevalente dottrina, ha da tempo elaborato ed applicato un criterio diretto a dirimere il problema e che, a ben vedere, garantisce anche la par condicio delle persone coinvolte nel procedimento concorsuale. Secondo la prevalente e migliore giurisprudenza, infatti, occorre fare riferimento alle norme legislative o secondarie vigenti alla data di approvazione del bando che devono essere applicate e le norme sopravvenienti, per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito, non possono modificare i criteri dei concorsi già banditi, a meno che ciò non sia espressamente stabilito dalle norme stesse. Tale principio, che ha trovato espressione in molte decisioni amministrative (CdS, VI, 21.7.2010, n. 4791; CdS, VI, 12.6.2008, n. 2909; CGARS, 14.9.2007, n. 836; CdS, V, 21.9.2005, n. 4937; CdS, V, 5.10.2005, n. 5316; CdS, IV, 6.7.2004, n. 5018), può essere riassunto in estrema sintesi osservando che all'intero procedimento si applicano le regole in vigore al momento del suo inizio salvo che, ovviamente, la lex specialis e cioè il bando, non abbiano diversamente previsto e salva, ovviamente, l'applicabilità delle norme meramente interpretative che formano un tutt'uno con la norma interpretata. In sintesi la giurisprudenza ha affermato che: i) il principio secondo il quale "tempus regit actum" non trova applicazione alle procedure concorsuali in corso al momento di entrata in vigore delle nuove norme; ii) un concorso è interamente disciplinato dalle norme in vigore nel momento di inizio del relativo procedimento; iii) le norme sopravvenute nel corso della procedura concorsuale possono trovare applicazione solo in caso di esplicita od implicita previsione di applicabilità ai procedimenti in corso. I corollari che se ne debbono trarre sono i seguenti: poiché la procedura concorsuale inizia con la pubblicazione del bando, che costituisce lex specialis della procedura, è in questo momento che si determina il sistema normativo di riferimento di tutte le fasi del concorso. Tale sistema si modifica in conformità delle norme sopravvenute solo se di queste sia prevista l'applicazione anche ai procedimenti in corso. Dunque, sono irrilevanti le novità normative intervenute successivamente alla pubblicazione del bando, non solo se esse riguardino i requisiti di ammissione dei candidati, ma anche le modalità di svolgimento delle prove, ecc. Inoltre, sotto altro profilo, va ricordato che in materia di concorsi pubblici si applica il principio della tutela dell'affidamento dei candidati, che sono principalmente garantiti attraverso il rispetto della par condicio. "In tema di pubblici concorsi, le disposizioni normative sopravvenute (non aventi carattere interpretativo) in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio "tempus regit actum" attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio" (CdS, VI, 21.7.2010, n. 4791). Pertanto, le norme legislative e regolamentari vigenti al momento dell'indizione della procedura concorsuale, devono essere sempre applicate anche se non espressamente richiamate nel bando. Le norme sopravvenienti, invece, per le quali non vi è un rinvio implicito nella lex specialis, non devono essere applicate ai concorsi già banditi, tranne il caso in cui non sia diversamente previsto dalle norme stesse. 2. Si è detto che l'applicazione delle norme sopravvenute determinerebbe un'alterazione dei presupposti giuridici del procedimento: da una parte, infatti, si avrebbero le norme, per così dire, "di partenza" del procedimento e dall'altra quelle di chiusura del medesimo. Le "regole del gioco" sarebbero in tal modo modificate nel corso della "partita" e questo solleva più di una perplessità sulla conformità di tale soluzione al nostro sistema costituzionale, come sopra si è accennato. Ma questo non vale per le norme interpretative, che hanno tipicamente efficacia retroattiva e, come già si è ricordato, formano corpo unico con la norma interpretata od il caso di specifica previsione di applicabilità anche alle procedure in corso. Un esempio di norma sopravvenuta di natura interpretativa è la norma transitoria inserita nell'ambito di una disposizione legislativa. Tale norma, per la sua natura interpretativa, non può che incidere anche sulle fasi già chiuse delle procedure concorsuali in corso, pur essendo intervenuta in un momento successivo. Se si pensa ad una disposizione transitoria che preveda di ammettere alle procedure di reclutamento in corso anche persone in possesso di ulteriori requisiti che prima non erano stati considerati, la PA è tenuta ad applicare la norma interpretativa sopravvenuta per non incorrere in una illegittimità e, quindi, nel rischio di vedersi notificare numerosi ricorsi aventi ad oggetto l'impugnazione della procedura concorsuale. 3. Ciò detto, se pure è vero che le norme sopravvenute sono ininfluenti sul procedimento in corso, tuttavia non viene meno il generale potere della PA di recepire le novità introdotte dalle nuove norme fino anche eventualmente a giungere all'annullamento della procedura, cosa che, peraltro, comporta non indifferenti problemi di legittimità. Questa scelta della PA deve, ovviamente, tener conto del rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, uguaglianza e buon andamento dell'azione amministrativa ed essere sostenuta da un'adeguata motivazione. 4. Proprio in tale ottica, deve essere per completezza ricordato che un'altra eccezione al principio "tempus regit actum" (altra rispetto ai procedimenti come quelli concorsuali) si può rinvenire nel caso in cui l'adozione del provvedimento avvenga a grande distanza di tempo dalla richiesta. In tal caso, se la nuova normativa fosse più restrittiva di quella in vigore nell'arco di tempo entro il quale il provvedimento avrebbe dovuto essere adottato, il privato ne risulterebbe penalizzato. Ciononostante la giurisprudenza ha ritenuto che "il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum e ciò comporta che la legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata in relazione alle norme vigenti al tempo in cui lo stesso è stato adottato. Se, dunque, in pendenza del procedimento interviene una nuova normativa, l'atto che ne è l'epilogo, tanto più nel caso in cui lo ius superveniens riguardi i profili sostanziali dell'attività, deve a questo adeguarsi, salvo che incida su situazioni giuridiche già consolidatesi (…)" (TAR Lazio, III, 25.1.2007, n. 563). Ovviamente, nel caso di una procedura concorsuale, tale adeguamento deve intervenire attraverso un provvedimento espresso dell'amministrazione che sia dia carico di motivare in ordine alle ragioni che consentono l'utilizzo dello ius superveniens e che garantisca la non violazione della par condicio tra i candidati. In realtà, quindi, siamo in presenza di una conferma di un principio che resta saldo e che sicuramente costituisce una garanzia di tutela ed in ultima analisi di democraticità del sistema. In conclusione, la Sezione IV del Consiglio di Stato, con la recente sentenza, sopra citata, 12.1.2011, n. 124, ha confermato un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa dell'ultimo decennio ed ha ribadito il principio secondo cui le norme sopravvenute non possono incidere su una procedura già in corso né sulle singole fasi autonome di essa che si siano già chiuse, restando interamente disciplinati dalla normativa vigente al momento del loro inizio, salvo i limitatissimi casi sopra evidenziati |
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